C’è chi con un caffè bevuto al mattino tira avanti tutta la giornata e chi senza continue pause al bar proprio non vive. Se davanti a una tazzina non siamo tutti uguali, la ragione sta nel DNA.
La quantità che consumiamo parrebbe essere scritta nei geni. In particolare nel gene chiamato PDSS2. Per approfondire la questione, un team internazionale di scienziati ha deciso di andare a indagare proprio nella patria dell’espresso, l’Italia e ha scoperto che le persone con una particolare variante del gene PDSS2 tendono a bere meno caffè poiché questo gene riduce la capacità delle cellule di metabolizzare la caffeina, facendola rimanere nell’organismo più a lungo.
Ai volontari è stato chiesto quante tazzine di caffè consumassero ogni giorno e i risultati sono stati confrontati con quelli di un altrettanto nutrito gruppo di volontari reclutato in Olanda. Il risultato ottenuto è stato simile, ma l’effetto del gene sul numero di tazze di caffè consumate è stato leggermente inferiore.
Questo, ipotizzano gli esperti, potrebbe essere dovuto ai diversi ‘stili’ di caffè che caratterizzano i due Paesi. Incrociando i dati genetici con il numero di tazzine è emerso che le persone che hanno questa variante del gene tendono a consumare meno caffè perché questa controlla un altro gene, specializzato nel regolare il metabolismo della caffeina. Quando quest’ultimo gene non viene attivato sufficientemente, la caffeina tende ad essere smaltita molto lentamente dall’organismo, ‘spegnendo’ il desiderio di bere un’altra tazzina.
Una triste e sconfortante notizia ce la dà lo studio di GFK, istituto di ricerche di mercato, che conferma il trend di crescita del settore delle macchine da caffè per uso domestico nel nostro Paese. Da Nord a Sud gli italiani stanno dicendo addio alla cara vecchia moka a vantaggio delle macchine automatiche e in particolare delle capsule monodose. Non c’è più tempo da dedicare al rituale della preparazione di una “tazzulella”: riempire con calma la “macchinetta”, dosando la giusta quantità di polvere (non troppa altrimenti il caffè non “sale” mai, né poca altrimenti viene troppo acquoso); accendere il fuoco e aspettare
che il prodigio si compia, drizzando l’orecchio per captare il noto gorgoglìo, mentre l’inconfondibile aroma si spande per tutta la casa. Dolce cerimonia del caffè addio, si corre sempre e troppo e allora basta infilare nella macchina la capsula, un po’ sterile e inodore, e il gioco è fatto: in pochi secondi la tazzina è pronta per essere bevuta, anzi spesso tracannata, frettolosamente. Un tempo si diceva che gli italiani si riconoscevano all’estero perché indossavano le scarpe Superga. Uno straniero che arriva in Italia, invece, è immediatamente smascherato per come ordina e, soprattutto, beve il caffè. E così un geniale giornale inglese ha tracciato i dieci comandamenti su come gustare un caffè in Italia senza scandalizzare baristi e commensali.
Per chi vive in Italia tutto ciò che è cappuccino, latte macchiato, bevanda a base di latte con aggiunta del caffè va bevuto entro le 10 del mattino. Non è concepito, infatti, bere latte e affini dopo pranzo o dopo cena. E, se proprio non potete farne a meno almeno scusatevi con il barman.
Non esagerare con le stravaganze al momento dell’ordinazione. Dimenticate frappuccini, caffè alla menta o simili amenità. Le due sole eccezioni sono il caffè alla nocciola e il marocchino.
Non abusare della parola espresso. In Italia è scontato che il caffè che si sta per ordinare sarà espresso. Una sorta d’impostazione predefinita che non richiede ulteriori precisazioni.
Chiunque può ordinare un caffè doppio se pensa di averne bisogno ma deve sapere che non è un’abitudine made in Italy. Gli italiani, infatti, preferiscono prendere più di un caffè nel corso della giornata che una dose massiccia una sola volta al giorno.
Nei bar italiani regna la fiducia verso il cliente. Il che vuol dire che senza declamarlo ad alta voce si può ordinare il caffè al bar e poi, dopo averlo consumato, pagarlo alla cassa.
Se ci si trova in un luogo di transito come aeroporto e stazioni il rito del pagamento e della consumazione va invertito. Prima si paga la consumazione e poi, sventolando il fogliettino tra la folla, allora si può chiedere la tazzina fumante al barista.
Per quanto piacevole, il caffè si consuma velocemente, quasi fosse un buon farmaco. E come tale va bevuto velocemente e in piedi davanti al bancone.
Il caffè, sempre in virtù del fatto che va bevuto in tempi rapidi, viene servito a una temperatura tra il tiepido e il caldo. Troppo rovente infatti impegnerebbe un tempo eccessivo per berlo. Se però lo si vuole molto caldo basta chiederlo.
Allora… il caffé prodotto in qualunque modo è dipendenza o genetica?